Scuole, disabili ed accessibilità
Quante sono le scuole in Italia accessibili ai disabili?
Il risultato non è confortante: solo 1 su 3. Il problema è reale, già solo pensando al fatto che non riguarda solo gli alunni ma anche i docenti e i familiari con ridotte capacità motorie.
Se a ciò aggiungiamo che la normativa a tutela dell’accessibilità degli edifici da parte delle persone con disabilità motoria e sensoriale esiste, ed è stata modificata con attenzione negli anni (DM 236/1989, L. 13/1989, L. 104/1992 e DPR 503/1996, fino al D.P.R. 380/2001), la frittata si ingigantisce.
Si parte dalla norma generale sugli spazi pubblici (DPR 503/1996), che devono essere modificati ed attrezzati in modo tale da consentire l’abbattimento delle barriere architettoniche, per arrivare alla legge specifica 118/1971 che, con l’Art. 28, pone l’obbligo di rendere accessibile l’edificio scolastico, in modo da poter così garantire la frequenza a tutti.
Con queste, abbiamo citato solo le normative più datate, ma comunque chiare e puntuali. Ciò dimostra quanto il Paese sia sempre stato ancorato a concetti di dichiarazioni programmatiche finalizzate a calmierare temporaneamente gli animi, per poi mettere pezze solo nel momento in cui la situazione diventava insostenibile.
È così che siamo arrivati alla situazione attuale di una sola scuola su tre pienamente accessibile ai disabili. Più precisamente, qual è la situazione? Le scuole mancano spesso di rampe, di servo-scala e di ascensori a norma, mentre sono maggiormente attrezzate quando si parla di scale, porte e servizi igienici idonei.
Insomma, torna fuori il concetto di “toppa”, di minimo indispensabile, espresso poc’anzi. Ma il vaso di Pandora è ormai scoperchiato e fortunatamente il MIUR ha emesso, a inizio anno, un Atto di indirizzo concernente l’individuazione delle priorità politiche del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca per l’anno 2019 (n. 55 del 20 dicembre 2018). In sostanza sono state inserite le azioni prioritarie per l’edilizia scolastica da realizzarsi con tutte le possibili forme di finanziamento.
Ora, il problema passa da attuativo a pratico. Chi e quando risulta responsabile se i finanziamenti mirati emessi a livello europeo non vengono richiesti e si perdono? L’impegno è, come sempre, civico e culturale a partire dal basso, perché gli strumenti ci sono.