Integrazione dei disabili? No, inclusione.
Prima si diceva handicappato, poi portatore di handicap, ora disabile. Le parole sono importanti, assolutamente, poiché connotano un pensiero. Ma proprio per questo motivo non vanno enfatizzate a vanvera, mercificate o utilizzate per falsi proclami.
La verità è che siamo tutti diversamente uguali. Qualcuno con qualche difficoltà in più nel fare le cose routinarie, ma non per questo da proteggere sotto una campana di vetro o, al contrario, da discriminare.
Dal colore della pelle, agli orientamenti sessuali, a quelli religiosi, fino alle capacità motorie, le questioni che pongono di fronte a dualismi alimentano discussioni, prese di posizione e lotte. Non è certo questo il contesto per una dissertazione sulle implicazioni sociologiche, ma ci preme rimarcare una convinzione.
I dualismi difficilmente vengono superati se si parla di “processi di integrazione”. Il concetto di processo di integrazione implica il dover inserire un elemento alieno all’interno di un sistema consolidato. Un concetto orribile se espresso in questo modo, qualsiasi sia l’ambito di interazione umana, non credete? Si dovrebbe invece parlare sempre più di semplice e spontanea inclusione. Chiaramente la realizzazione di questo concetto non è semplice quanto affermarlo a parole. Le Istituzioni devono investire e la formazione civica deve partire dalle scuole, partendo da esempi concreti che hanno spostato i paradigmi.
Per fortuna oggi abbiamo bellissime storie di disabili che hanno raggiunto risultati straordinari grazie ai progressi tecnologici ma, ancora di più, grazie alla loro abnegazione, alla forza interiore e alla voglia di vivere la propria vita. È quasi inutile citare Alex Zanardi e Bebe Vio. Certo, si può obiettare: vabbè, questi ormai sono personaggi famosissimi i cui confini mediatici trascendono quelli della loro disabilità. E infatti ci piace citare la storia di Dario Pasquarella, animatore di atelier teatrali, divulgatore, attore, regista e pure drammaturgo.
La vita di Dario non è stata però in discesa. Classe 1976, Dario Pasquarella ha perso l’udito da piccolo, a causa di una febbre violenta. Da allora la sua vita è stata un percorso di ricerca: ha attraversato la depressione, affrontato le sue difficoltà a comunicare e si è laureato al Dams. Dopo la laurea, il caso vuole che Ginetta Rosato, famosa regista sorda romana e fondatrice della Compagnia di Teatro Sordo ‘Laboratorio Zero’ cercasse attori per un suo spettacolo. “Grazie a un amico comune sono riuscito a conoscerla e a collaborare con lei”. Non molto tempo dopo la stessa Ginetta Rosato gli propone di tenere un Laboratorio Teatro per i bambini sordi.
Da allora la vita di Dario è cambiata radicalmente. Il suo lavoro con i bambini gli permette di creare una cultura di socializzazione e di inclusione leggera. Il prossimo passo? “Tutto il mondo ha già riconosciuto la lingua dei segni e, in Europa, l’Italia è l’ultimo Paese a doverlo ancora fare. Voglio essere parte integrante di questo fondamentale passo per chi sente soprattutto col cuore”.
La disabilità, in qualsiasi forma si presenti, può diventare un percorso come un altro se è supportata dall’intelligenza sociale. In Piumalift ci battiamo soprattutto per questo.